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Cattelan, l’artista italiano più iconico, trasforma Bergamo in un museo a cielo aperto

today11.07.2025

Sfondo

Maurizio Cattelan torna a sorprendere e lo fa con una delle mostre più ambiziose della sua carriera: dal 7 giugno al 26 ottobre 2025, l’artista italiano più noto al mondo trasforma Bergamo in un museo a cielo aperto. Con la mostra Seasons, Cattelan dissemina cinque opere monumentali in quattro luoghi simbolici della città, affrontando i grandi temi della nostra epoca: il potere, la memoria, l’esclusione, il tempo. Un progetto di arte contemporanea che rompe gli schemi, coinvolge l’intera città e invita a riflettere sull’identità collettiva e sui meccanismi della storia.

Un museo diffuso: l’arte di Cattelan invade Bergamo

La mostra Seasons segna il ritorno in Italia di Maurizio Cattelan con un progetto che supera il concetto tradizionale di esposizione. L’artista, nato a Padova nel 1960 e ormai icona internazionale dell’arte contemporanea, costruisce a Bergamo un itinerario urbano che va dalla città Alta a quella Bassa, coinvolgendo luoghi di grande valore storico come il Palazzo della Ragione, il GAMeC e la Rotonda dei Mille.

Le cinque opere sono concepite come stagioni, non solo in senso naturale, ma anche simbolico: rappresentano cicli di potere, cadute, trasformazioni, emarginazione e rinascita. In ognuna di esse, Cattelan mette in discussione certezze, simboli e rappresentazioni, con il suo stile inconfondibile fatto di ironia, provocazione e profondità concettuale. La mostra è prodotta dalla GAMeC di Bergamo, con il supporto del Comune e di partner culturali internazionali.

Bones e Empire: il potere che crolla, il sogno che resta imprigionato

Una delle opere più potenti è senza dubbio Bones, collocata nell’ex Oratorio di San Lupo. Si tratta di una scultura in marmo che raffigura un’aquila imperiale stesa al suolo, le ali aperte, colpita da una caduta improvvisa. Il marmo, materiale dei monumenti e degli eroi, diventa qui veicolo del fallimento: l’aquila non domina più, è fragile, esposta, senza retorica. L’opera si ispira a una vicenda storica bergamasca,  l’aquila realizzata da Giannino Castiglioni nel 1939 per Dalmine, che fu poi rimossa, abbandonata, dimenticata. Per Cattelan, Bones è lo scheletro del potere, la sua verità ultima, la testimonianza di una gloria ormai muta.

Alla GAMeC, invece, troviamo Empire, una scultura concettuale composta da un mattone in terracotta con inciso il termine “EMPIRE”, racchiuso in una bottiglia di vetro. Il contrasto è netto: la solidità del mattone, simbolo di costruzione e fondazione, si scontra con la fragilità del vetro che lo imprigiona. Il messaggio è chiaro: il potere, oggi, è un’idea congelata, incapace di agire, intrappolata tra aspirazioni e limiti. Empire racconta il naufragio delle utopie, la paralisi della volontà, ma anche la possibilità di costruire nuovi significati.

No e November: il volto censurato del male e la marginalità che chiede attenzione

Sempre alla GAMeC è esposta No, una rielaborazione della celebre e controversa “Him”, opera del 2001 che raffigurava Hitler in preghiera. In questa nuova versione, il volto del dittatore è coperto da un sacchetto. Una scelta nata da una richiesta di censura ricevuta in Cina, che però si trasforma in un atto artistico a sé: oscurare diventa un modo per mostrare. No solleva domande profonde sul rapporto tra rappresentazione, trauma e memoria. Il sacchetto protegge e punisce, nasconde e rivela, e spinge il visitatore a interrogarsi su cosa significa oggi rimuovere il volto del male. È davvero un atto di protezione o una nuova forma di negazione?

Al Palazzo della Ragione, nel cuore dell’Alta Bergamo, Cattelan colloca November, una scultura in marmo di un senzatetto disteso su una panchina, con i pantaloni sbottonati e un rivolo di urina che scorre al suolo. L’opera, che ritrae Lucio, amico e collaboratore dell’artista, porta la marginalità dentro un luogo simbolo della giustizia e della cittadinanza. Il contrasto è crudo: chi ha diritto di stare al centro della società? Chi viene escluso? November costringe lo sguardo a fermarsi su ciò che di solito si evita.

One: il bambino e Garibaldi, un’Italia da riscrivere

L’ultima opera, One, è forse la più ironica e destabilizzante. Alla Rotonda dei Mille, in Bassa Bergamo, un bambino è posto sulle spalle della statua di Garibaldi e mima una pistola con le dita. Il gesto, ambiguo e semplice, apre a mille letture: è gioco? È ribellione? È dissacrazione della retorica patriottica? Cattelan non offre risposte. L’opera dialoga con il concetto di eredità: cosa significa oggi parlare di unità nazionale? Che rapporto abbiamo con i miti del passato? Il monumento non è più solo un omaggio, ma diventa campo di battaglia del presente.

A completare il progetto, una campagna visiva urbana porta la mostra fuori dai luoghi istituzionali. Manifesti, affissioni e installazioni site-specific invadono la città. Tra queste, spicca l’intervento sul Kilometro Rosso, iconico muro progettato da Jean Nouvel, trasformato in supporto di un’inedita estensione visiva del progetto. È l’ennesima dimostrazione di come per Cattelan l’arte non debba restare confinata nei musei, ma interrogare direttamente lo spazio pubblico e chi lo abita.

Cattelan e la sfida dell’arte pubblica

Con “Seasons”, Maurizio Cattelan conferma la sua capacità di provocare, e quindi di generare riflessioni. La mostra a Bergamo non è un semplice evento espositivo, ma un’operazione culturale complessa, che coinvolge la città, i suoi simboli, i suoi cittadini. Cattelan porta l’arte fuori dai confini tradizionali, rendendola accessibile, sfidante, pubblica. Ogni opera è un nodo da sciogliere, un invito a guardare diversamente il nostro tempo. E Bergamo, fino ad ottobre, si trasformerà nel palcoscenico di questa sfida.

Scritto da: Matteo Respinti

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